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Magazzino Darsena Un testimone della civiltà del sale

Magazzino Darsena

Via Oriani, Cervia (RA)
  • ANNO DI COSTRUZIONE: 1712
  • STATO DI CONSERVAZIONE: Sottoutilizzato

Tags: Un estate al mare

Visitiamo il Magazzino Darsena in occasione di una visita guidata. I ragazzi di SeiGradi Rivista, gli organizzatori dell’evento, dopo una breve introduzione ci lasciano liberi di esplorare in autonomia lo spazio, che grazie al restauro dell’ architetto Giancarlo De Carlo è diventato fruibile in tutta la sua altezza.

Il magazzino del sale, costruito nel 1712 utilizzando presumibilmente i mattoni rossi che componevano la Rocca di Cervia Vecchia, è ora attraversato da un imponente reticolo di ferro e cemento formato da scalinate che uniscono tre livelli di soppalchi. Uno, quello più alto, permette di passeggiare sul lucernaio, dove dalle vetrate si osservano il porto canale illuminato, il faro e la città fondersi in un panorama eccitante agli occhi di chi, Cervia, l’ha sempre solo sbirciata velocemente nelle calde giornate estive. Il telaio è vagamente instabile ma il movemento è impercettibile, non fa paura; ci appoggiamo ai corrimano, sporgiamo il naso per guardare la parte allagata del magazzino, anche questa è parte fondante del restauro.

Salendo le scalinate e camminando da un piano all’altro possiamo ascoltare i commenti delle persone, molti infatti sono i cervesi che entrano come noi per la prima volta in questo simbolo della città, in questo emblema della “civiltà del sale”, che dopo il restauro non è comunque stato utilizzato al pari del magazzino fratello che lo osserva dalla parte opposta del  porto canale, accanto alla Torre S.Michele.

I pareri sono discordanti, ci fanno sorridere, c’è chi si immagina una osteria diversa in ognuno dei tre piani, chi una biblioteca come quella vista chissà dove in nord Europa e chi invece, si affretta verso l’uscita “tanto era meglio se lo lasciavano come prima”.

Testo a cura di Spazi Indecisi.

Foto Giacomo Ferrari

Magazzino del sale Cervia
Il magazzino del sale Darsena

Vecchio, eppure nuovo. Pieno, eppure vuoto. Ripensato, eppure non usato. Tecnologico, ma non efficiente. Un edificio che riassume in sé i limiti dei nostri atteggiamenti nei confronti del tempo che passa.

Continua a leggere l’articolo su RIVISTA SEIGRADI N.1/2011

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